mercoledì 22 luglio 2009

06. Governo e Opposizione

I parlamentari si dividono in due schieramenti: uno di maggioranza, che va al governo ed esercita il potere esecutivo, l’altro di minoranza, che va all’opposizione e dovrebbe cooperare col primo nell’interesse generale. La realtà è diversa. Su qualunque questione, ciascuno schieramento indirizza al popolo messaggi ampiamente prevedibili e scontati: il governo afferma che sta operando per il bene del paese, l’opposizione dice invece che lo sta sfasciando. Quello che dicono e fanno gli avversari è sbagliato per principio. Una politica, che si muove sulla base di pregiudizi settari e sulla demonizzazione dell’”altro”, non può essere né costruttiva, né seria.
Anche il paese è diviso in due parti contrapposte e antagoniste, l’una contro l’altra armata, in una sorta di guerra civile, fondata sulla difesa di interessi di parte e sulla denigrazione pregiudiziale degli avversari. E’ così diffusa nel popolo la convinzione che la politica debba essere necessariamente faziosa, favorevole a qualcuno e contraria a qualcun altro, che non si riesce a concepire una politica super partes. Qualunque disegno di legge e qualunque proposta (da qualunque parte provengano), devono fare i conti con l’immancabile, pronta e secca reazione negativa da parte del Polo avverso. In un clima così avvelenato e di zuffa perenne, c’è ampio spazio per la demagogia e la disinformazione, e la politica scade di livello, riducendosi a pura lotta per il potere.
Il precedente governo Berlusconi ha fatto credere di non avere alcuna intenzione di mettere le mani nelle tasche degli italiani e anzi di volerle impinguare, anche attraverso la riduzione delle tasse, ma, poiché la ricchezza prodotta dal paese non è cresciuta, di fatto, i suddetti obiettivi sono stati raggiunti in modo illusionistico: sottraendo risorse alle amministrazioni locali (e, quindi, riducendo, indirettamente, i servizi ai cittadini) e aumentando il debito pubblico. A causa di questo illusionismo, ma anche di una politica ritenuta eccessivamente personalistica e populista, una buona metà degli elettori ha voltato le spalle al governo di centro-destra e ha premiato l’eterogeneo fronte d’opposizione, che, intanto, si era compattato intorno alla figura di Prodi in vista delle prossime elezioni.
La gente non s’aspettava miracoli da un centro-sinistra che aveva già governato in precedenza, senza entusiasmare, ma era sicura che il nuovo governo si sarebbe impegnato in una politica “seria”, se non altro per distinguersi dal modello “disinvolto e creativo” di Berlusconi. I propositi sembravano promettenti: si voleva far ripartire il paese, puntando su una politica di rigore, sull’incremento della competizione (liberalizzazioni) e sulla lotta all’evasione fiscale. I fatti però non sembrano all’altezza delle promesse.
La Finanziaria 2007, per esempio, si è rivelata un vero capolavoro di superficialità, imprevidenza e ingenuità politica; in una sola parola, un pasticcio. I 35 miliardi della manovra provengono, in larga misura, da un aumento di imposte, che sono state continuamente annunciate a carico di questo o quel comparto, poi smentite e, quindi, riproposte, in un’altalena tragicomica, che ha denotato un preoccupante stato di confusione e di divisione della compagine governativa. Le liberalizzazioni, poi, hanno sollevato le proteste delle categorie, che si sentivano ingiustamente discriminate, in particolar modo quella dei tassisti, che sono scesi in piazza, inducendo il ministro Bersani a fare concessioni, seguiti dai benzinai, che sono in agitazione mentre scrivo. Pur essendo animato da intenzioni lodevoli, minacciando di colpire questa o quella categoria, il governo Prodi ha finito per suscitare uno scontento generale, mentre, l’evasione rimane. Oggi il paese è sconcertato e perplesso nei confronti di una Finanziaria, il cui scopo sembra essere principalmente quello di far cassa, mentre permane il solito desolante quadro, dove molti cittadini continueranno a non pagare le tasse e molti altri continueranno a strapagarle.
Grazie agli errori di Prodi, l’Opposizione ha avuto facile gioco nel mobilitare due milioni di cittadini, che sono scesi in piazza protestando contro un governo, che, intanto, stava subendo un sensibile calo di consensi. I sondaggi dicono che gli italiani oggi non ridarebbero la maggioranza a Prodi. Pochi mesi fa avevano detto No a Berlusconi, oggi dicono No a Prodi. Ma che alternativa si offre loro se non un ritorno di Berlusconi? Essi possono solo scegliere fra i due schieramenti opposti, fra l’incudine e il martello. Una terza via non è prevista.
Mentre Governo e Opposizione continuano ad attaccarsi con alterne vicende, i veri vincitori rimangono i politici, i quali, indipendentemente dallo schieramento d’appartenenza, mantengono salda la propria poltrona e i propri privilegi, che poi si traducono in profitto e denaro, e, quindi, in un aumento della spesa pubblica e dell’imposizione tributaria. Ormai una cosa sembra chiara: indipendentemente da chi sta al governo, i politici hanno interesse a tenere alte la spesa pubblica e le aliquote tributarie, da cui traggono benefici economici. Il fatto poi che venga lasciato ampio spazio all’evasione fiscale induce a sospettare che, anche in questo campo, i politici debbano, in qualche modo, trarre vantaggio.

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