mercoledì 22 luglio 2009

05. Il costo della politica

I privilegi di cui gode il politico attirano molti nell’agone elettorale, disposti ad investire tempo e denaro nella certezza che, una volta eletti, non solo si rifaranno ampiamente delle perdite, ma potranno anche estendere i benefici a parenti, amici e sostenitori, creando un gruppo d’interesse a forma piramidale, al cui vertice c’è proprio l’eletto.
Ogni gruppo non può non tenere conto degli analoghi e contrastanti interessi degli altri gruppi, e non può non scendere a compromessi con quelli. Alla fine, si vengono a delineare alcune principali correnti, anch’esse di forma piramidale, in cui un certo numero di politici di terzo livello, si riuniscono sotto altri politici di maggior peso, i quali, a loro volta, fanno capo ad uno, o pochissimi, leader carismatici, che guidano la corrente stessa. L’intero parlamento può essere concepito come la somma di queste correnti, ciascuna delle quali cura i propri interessi, anche attraverso una produzione legislativa personalizzata e la creazione di nuove “poltrone” e di posti di lavoro “politici”, così detti perché non servono al paese, ma, appunto, ai politici. La conseguenza è che i costi della Pubblica Amministrazione (P.A.) aumentano.
In sintesi, a fronte di un PIL di 1.417 miliardi di euro, la P.A. spende 630 miliardi e ne incassa altrettanti, per lo più sotto forma di imposte, le quali ammontano a 392.719 milioni di euro e costituiscono poco meno del 28% del PIL.
Un importante capitolo di spesa, è quello relativo agli interessi passivi (64,5 milioni di euro) che lo Stato deve pagare a fronte di un debito pubblico, che oggi è stimato in 1.600 miliardi, una cifra da brivido, superiore allo stesso PIL. Il 15% delle tasse degli italiani serve per saldare questi interessi.
Un’altra parte rilevante della spesa è quella che concerne le Amministrazioni Centrali (cfr. tab. 2). Con i suoi 81.162 milioni di euro, essa corrisponde a circa il 20% del carico fiscale. Tale è il costo della politica.
Solo il Ministero dell’Economia e delle Finanze richiede una spesa di 4.359 milioni di euro (cfr. tab. 3).
Ci sono ragioni per credere che il costo della politica sia eccessivo rispetto alle reali necessità del paese, il quale, forse, potrebbe essere governato altrettanto bene con metà dei parlamentari, o con una sola Camera, e con procedure burocratiche più snelle. Alla fine, si potrebbe conseguire una riduzione di spesa di oltre il 50%, vale a dire di oltre 40 miliardi di euro.
Ma quale parlamentare oserebbe mettere all’ordine del giorno una simile proposta di legge? E, ammesso pure che ciò accadesse, quanti sarebbero disposti a votarla? Del resto, questo comportamento è pienamente comprensibile: non possiamo aspettarci che un politico vada contro i suoi interessi, perché noi stessi, al suo posto, probabilmente, faremmo altrettanto. La conclusione è che il politico inclina a tenere il più alto possibile il livello delle sue retribuzioni e dei suoi benefit, che poi si traducono in aumento del costo della politica e delle tasse.

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