mercoledì 22 luglio 2009

09. I soggetti dell’evasione fiscale

Gli italiani sono così assorbiti dai loro specifici interessi personali da trascurare il bene comune e, anziché pensare di estirpare la piaga dell’evasione fiscale, che ritengono invincibile, continuano a difendere i propri privilegi e a puntare il dito sugli “altri”, chiunque essi siano, che vengono indicati come i soli responsabili di tutto ciò che non va nel paese. Alla fine, quello che si apre dinanzi ai nostri occhi è uno squallido e desolante scenario, dove si muovono alcuni principali attori, che si accusano a vicenda, creando un clima sociale pesante e negativo per tutti.
Ad un estremo possiamo collocare tutti coloro che vivono di stipendio e pagano interamente le tasse, ancorché solo per necessità, ossia gli impiegati della P.A.. Benché siano concepiti dall’immaginario collettivo come i fedeli contribuenti per antonomasia, gli impiegati, com’è comprensibile, non gradiscono di interpretare il ruolo di “unici pagatori delle imposte” e, considerandosi “sfortunati”, guardano agli evasori con un misto di rabbia e invidia. A nessuno, infatti, piace di interpretare il ruolo di “unico fesso” del villaggio.
Sul fronte opposto si collocano tutti coloro che svolgono attività illecite e vivono esclusivamente di esse. Sto pensando alla prostituzione e alla criminalità organizzata, allo spaccio di stupefacenti e ai sequestri di persona, alle attività camorristico-mafiose, e a tutta la congerie di truffe perpetrate in ogni settore e ad ogni livello. E’ il mondo dei “furbi” per eccellenza, degli uomini forti e duri, dei potenti, degli “eroi”. Ma ad una condizione: devono riuscire a farla franca. Se si fanno incastrare vengono declassati a “perdenti” e, di solito, i perdenti passano la vita tra il carcere e la criminalità spicciola, impegnati in espedienti di vario genere e lontani dal potere economico e politico.
Fra questi due estremi si trovano tutti gli altri cittadini, che possiamo suddividere in tre principali gruppi (i politici, gli erogatori privati di servizi e i consumatori), ciascuno dei quali è portatore di specifici interessi.
Gli interessi dei politici consistono, in prima istanza, nel conservare la propria posizione di privilegio, la quale, indirettamente, offre ottime occasioni di guadagno per sé e per il proprio entourage (cfr. capp. 3-4). La collusione col mondo dell’imprenditoria, della finanza e della criminalità organizzata, di cui si parla, di tanto in tanto, in occasione di scandali che esplodono giungendo alla pubblica conoscenza, a rigor di logica, deve costituire un mezzo ordinario di profitto, se è vero, come abbiamo convenuto, che il politico non è un fesso. Solo un “fesso”, infatti, può tollerare che altri si arricchiscano a spese dello Stato, e lui no. In altri termini, dal momento che il politico ha le mani in pasta, risulta difficile credere che non si sporchi le mani.
Il secondo gruppo comprende tutti gli erogatori privati di servizi e di beni di consumo, i quali massimizzano il proprio profitto ricorrendo ad ogni mezzo possibile, anche illecito, come la formazione di cartelli o la pressione sui politici al fine di ottenere un fisco leggero o la possibilità di evaderlo (leggi: condoni e concordati fiscali). Se anche loro evadono, è giocoforza che il carico fiscale deve gravare maggiormente sul terzo gruppo, quello dei consumatori, con la conseguenza di ridurre il loro potere d’acquisto. Se questa riduzione supera un certo limite, e si intravede il rischio di un calo dei consumi, anziché ridurre i costi dei servizi e dei beni, ecco che si trova una soluzione geniale: l’acquisto rateale, ossia l’indebitamento.
Da parte loro, i consumatori vorrebbero il contenimento dei costi, di tutti i costi, e la riduzione delle tasse, di tutte le tasse, ma, non disponendo né di un potere politico, né di conoscenze, né di una rete di consulenti paragonabili a quelle dell’establishment politico-economico, devono arrabattarsi come possono (secondo lavoro, espedienti), allo scopo di conciliare l’esigenza di condurre un’esistenza decorosa con quella di far quadrare il bilancio familiare. Quindi, anch’essi evadono dove possono.
Nello scontro fra interessi contrapposti, di solito, come si sa, vincono i più forti e, finora, tali si sono rivelate la classe politica e le lobby imprenditoriali e finanziarie: la prima ha potuto avvantaggiarsi dalla possibilità di svolgere un’attività legislativa di parte, le seconde dalla possibilità di condizionare le scelte dei politici. I consumatori, invece, vale a dire il popolo, rappresentano il “vaso di coccio” e sono destinati a soccombere: i sette milioni di famiglie che vivono ai limiti della povertà costituiscono una chiara testimonianza della condizione di debolezza cronica in cui versa il cittadino comune.

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