mercoledì 22 luglio 2009

02. Il rapporto parlamentare/cittadino

Lo stato di salute di una democrazia si riconosce dal tipo di rapporto che lega i cittadini ai parlamentari e questi ultimi ai primi: quanto più stretto e libero è questo rapporto, tanto più vitale è la democrazia e, viceversa. Se un politico risponde in modo frettoloso ed evasivo o, peggio ancora, non risponde affatto ad un elettore che gli pone una precisa questione tecnica, sollevata al semplice scopo di migliorare le condizioni del paese, beh, questo getta ombre sinistre sullo stato di salute della nostra democrazia. Senza un rapporto, attivo e responsabile, fra eletto ed elettore, la democrazia muore. In Italia c’è questo pericolo.
Nel nostro paese, l’uomo politico non è soggetto a vincoli contrattuali, né è tenuto a rendere conto del proprio operato al alcuno e nemmeno a rispondere ad un cittadino, che a lui si rivolga con proposte politiche costruttive. In teoria, egli potrebbe anche dormire sui banchi del Parlamento e svegliarsi solo al momento del voto per conservare tutte le sue spettanze di legge. In pratica, il parlamentare si comporta come se fosse un dio. Egli deve governare il paese e, mentre è occupato in questa nobile missione, non deve essere importunato da alcuno. Muovendosi nella sua campana di vetro e nel suo mondo surreale e ovattato, egli ha una sola certezza: comunque vada, per lui sarà un successo, perché, al compimento della legislatura, gli resteranno i benefici previsti dalla legge, come l’assegno di fine mandato e l’assegno vitalizio (cfr. Scheda, al cap. 3), che aumentano in proporzione alla durata del suo mandato, non in relazione al bene che egli ha fatto al paese. In fondo, il politico è come un figlio: quando ce l’hai devi essere disposto a mantenerlo a vita.
E il cittadino? Di norma, la sua partecipazione attiva alla politica non è prevista, né è desiderata, e nessuno si accorge di lui. Solo di tanto in tanto egli diventa importante: quando i politici hanno bisogno del suo voto. Durante la campagna elettorale egli è circondato di attenzione e si sente importante, ma solo fino a quando, nel chiuso di una cabina, non abbia segnato una crocetta (il simbolo dell’analfabeta) su una scheda che altri hanno predisposto per lui. Compiuto questo gesto, che costituisce la massima espressione della sua partecipazione politica, ritorna nell’ombra, da cui era uscito per il suo attimo di gloria, e vi rimane fino alle successive consultazioni elettorali, quando riappare sulla scena come un Lazzaro che esce dalla tomba, riceve il solito corteggiamento dei politici e appone la solita crocetta sulla solita scheda, per poi eclissarsi di nuovo. Il cittadino è come una bolla di sapone: brilla per un attimo, poi scompare.

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